mercoledì 16 novembre 2022

Ciao Bianca. Comunque vada, sarà una vittoria

...i'm not going to carry banners of defeat and wear shackles of resignation...

La compagna Bianca Cerri ci ha lasciato. Le è stato fatale questo stramaledetto Covid, che mesi fa ce l'ha portata via senza senza che potessimo rivederla un'ultima volta, senza che potessimo perfino accorgercene. D'altra parte non amava le luci della ribalta, Bianca, lei che faceva di tutto perché le luci si indirizzassero altrove, dove era sempre e solo buio pesto, dove in pochi potevano o volevano guardare.

Abbiamo incrociato Bianca tanti anni fa, alla ricerca di un interprete per un compagno greco. Lei, che conosceva sette lingue, accettò senza nemmeno chiederci chi fossimo. Da allora è stata sempre al nostro fianco, come è stata al fianco di chiunque le chiedesse un aiuto, chiunque le proponesse di fare qualcosa insieme, fosse pure nello spazio di un pomeriggio.

"Continuo a collaborare come posso e resto incrollabilmente fedele agli ideali del comunismo, che sono stati la portante della mia vita", ci tenne a precisare subito, fin da quella prima occasione. Bianca è rimasta fedele agli ideali del comunismo combattendo la bestia del capitalismo laddove questa mostrava il massimo della sua brutalità all'interno del massimo della sua espressione più idolatra e demente: le carceri del più grande paese imperialista del mondo, gli Stati Uniti. Alle carceri USA, alle leggi penali ed elettorali, e in generale alla storia recente di quel paese, Bianca aveva dedicato la sua attività professionale di giornalista e scrittrice. Sull'universo concentrazionario a stelle e strisce aveva scritto un libro nel suo stile, documentato e "in presa diretta", America letale. Epistolario dal braccio della morte.

Un'attività professionale che non sarebbe potuta essere ciò che è stato se non avesse poggiato sullo spirito profondamente e interamente militante di Bianca, militante nel senso pieno ed etimologico della parola. Tant'è che aveva iniziato ad occuparsi di carceri leggendo su un giornale italiano un appello di detenuti dell'altra parte dell'Atlantico, e questo è bastato perché lei iniziasse un lavoro decennale non di distaccato giornalismo davanti a uno schermo ma di viaggi infiniti in giro per le prigioni americane, di acquisizione diretta dei dati e dei meccanismi, e soprattutto di colloquio e scambio con i carcerati, che conosceva a decine, di ricerca e scavo condotti in prima persona, nel cuore del cuore della bestia. Un lavoro da militante, che l'aveva portata a contatto con detenuti cosiddetti comuni, con i condannati alla pena capitale, con i prigionieri politici delle Pantere Nere, con la repressione politica nei confronti dei detenuti che avevano sviluppato una coscienza politica e si erano avvicinati al marxismo.

"Non resistere è acconsentire alla tua stessa oppressione" (Mumia Abu-Jamal), e Bianca ha resistito, come ha potuto e come ha saputo, nelle sue condizioni di salute "abbastanza precarie", come le definiva lei stessa senza mai perdersi d'animo; le sue condizioni che la piegavano ma non la spezzavano, e che non hanno spezzato mai, fino alla fine, il suo sorriso, il suo sguardo dolcissimo, la sua voglia infinita di discutere.

Sei anni fa, in questo periodo dell'anno, Bianca commentò i primi risultati della contesa elettorale che incoronò Trump esclamando, a ragione: "Comunque vada sarà una sconfitta".
Noi oggi ti salutiamo, compagna Bianca, ringraziandoci per quello che ci hai dato e che ci hai insegnato, e non perdendo la certezza che alla fine di questa lotta, comunque vada sarà una vittoria. E allora ci sarà tempo per un'altra chiacchierata, un altro caffè, un'altra sigaretta.

Ottaviano Lalli

mercoledì 28 settembre 2022

La Germania fra crisi e guerra. Assemblea a Roma

Un'analisi di come la crisi economica e politica che stiamo vivendo abbia messo in discussione il ruolo della Germania come potenza egemone dell'imperialismo europeo. La crisi energetica intrecciata alla crisi della guerra. Lo scenario interno e la politica estera. Il riarmo e il rallentamento economico. Le prospettive della lotta di classe tedesca ed europea. 

Interverrà: Alessandro Infurna (Gruppe ArbeiterInnenmacht) 

Venerdì 30 settembre ore 18:00 in Via Calpurnio Fiamma 136 (fermata metro A Lucio Sestio), Roma


lunedì 15 novembre 2021

Lettera aperta alla sinistra (e alle realtà di movimento) che ha votato Gualtieri

Care compagne,
Cari compagni,

Scriviamo ad ognuna/o di voi, nonché alle organizzazioni che rappresentate, per interloquire, aprire uno spazio di dibattito e confronto aperto sulla città a seguito della presentazione della giunta da parte del neo sindaco Roberto Gualtieri avvenuta nei primi giorni del mese di novembre. Non ci soffermeremo tanto sulle roboanti promesse di cambiamento e stravolgimento enunciate a più riprese dal primo cittadino neoeletto, quanto piuttosto vorremmo ragionare insieme a voi sui nomi scelti da chi avete pervicacemente sostenuto nel corso dei mesi di campagna elettorale. 

Il primo nome su cui vorremmo ragionare è quello di Silvia Scozzese, capo di gabinetto del Dipartimento di programmazione e coordinamento politica economica del Governo, già assessora al bilancio della giunta Marino e successivamente confermata dal Commissario Tronca. Gualtieri l’ha fortemente voluta per la gestione della cassa (assessora al bilancio) nonché in qualità di vice sindaca. Dobbiamo a lei delle notizie peculiari e precise attorno all’entità del debito di Roma Capitale: durante la gestione commissariale ricopriva il ruolo di “Commissario Straordinario per il Rientro del Debito del Comune di Roma” e relazionando in commissione bilancio della Camera dei Deputati il giorno 5 aprile 2016, disse testualmente: «Né i piani di rientro del debito di Roma Capitale finora redatti, né il documento di accertamento definitivo del debito sembrano contenere una ricognizione analitica e una rappresentazione esaustiva della situazione finanziaria da risanare antecedente al 2008. Attualmente, per il 43% delle posizioni presenti nel sistema informatico del Comune, non è stato individuato direttamente il soggetto creditore».  La risoluzione di una delle maggiori questioni pendenti (se non la principale) del comune di Roma è molto difficile che passi attraverso le scelte operate da una figura tecnica, peraltro già in forza al Governo Draghi come abbiamo sopra ricordato. 

A proposito di gestione della cassa e delle politiche relative al bilancio, vale la pena ricordare che tra le nove deleghe mantenute dal nuovo Sindaco, la più importante è quella relativa alla gestione dei soldi del PNRR su cui, va detto, è bene non nutrire illusioni possibiliste, come si è sentito dire in campagna elettorale. L’operazione relativa al PNRR vede una colossale immissione di denaro a debito: prendere in prestito, cioè, dei soldi dal capitale finanziario per ridarglieli, successivamente, con gli interessi, tagliando là dove i comuni sanno dove reperire i fondi: trasporti, scuola, sanità, in un periodo di emergenza sanitaria e crisi conseguente. Politiche che si reiterano da circa un trentennio. Viene quasi da dire: “il protocollo è chiaro”

Una Capitale che sarà vòlta ancora di più al mercato, come già il disegno di legge sulla concorrenza e il mercato ha previsto: i comuni dovranno spiegare con relazioni periodiche la motivazione per cui non affidare a terzi i servizi pubblici. In tal senso ci sentiamo profondamente in linea con quanto sta producendo in questi giorni ATTAC Italia in termini di analisi e divulgazione (https://www.attac-italia.org/draghi-allassalto-dei-servizi-pubblici-locali/) proprio sul ddl citato. Questa visione era già stata sposata, neanche troppo indirettamente, da un candidato alle primarie del centrosinistra, ora assessore alle politiche abitative, Tobia Zevi: «Risanare e rendere efficiente la mobilità cittadina riducendo sprechi e spese per i contribuenti attraverso gare aperte e competitive per l’affidamento dei servizi» era, e presumiamo è tutt’ora, uno dei suoi punti cardine del programma con cui si presentava alle elezioni interne del Partito democratico. «Unire le due big delle partecipate per creare una realtà più solida, competitiva ed efficiente», terminava la voce riguardo la “liberalizzazione del trasporto pubblico” ancora presente sul suo sito. Un altro nome su cui riflettere è quello dell’ostiense Alessandro Onorato: ora assessore ai grandi eventi, sport e turismo; già componente del centro democristiano romano e laziale, consigliere dell’Unione di centro (Casini) durante il periodo di Gianni Alemanno, poi approdato in Aula Giulio Cesare in quota Lista Marchini, ora ricandidato con la lista civica “Gualtieri sindaco” in una improvvisa piroetta. Un minimo comune denominatore, quello dell’altra sponda del Tevere a cui dare rappresentanza nella giunta, testimoniato anche dall’assessora Barbara Funari: politiche sociali e salute. Riguardo quest’ultimo nome c’è certamente un altro discorso da fare in quanto la figura è ben centrata sul ruolo: collaboratrice della comunità di Sant’Egidio, coordinatrice del movimento politico che definiremo “cristiano-sociale” Demos. L'intenzione pur positiva, nell'ottica della politica liberale dell'affidamento di quel settore ad una personalità competente in tal senso, si infrange contro il muro della gestione della cassa: se l’assessora Scozzese e il sindaco Gualtieri avranno intenzione di ridurre determinate voci di spesa, avranno mani libere di farlo, non foss’altro per le deleghe tenute dal secondo e la mansione così rilevante, a maggior ragione in una città come Roma, detenuta dalla prima. 

La sinistra? Il progetto Sinistra civica ecologista riesce a malapena ad avere un assessorato, guidato da Andrea Catarci (ex Sinistra e libertà, già presidente del municipio VIII) di importanza relativamente minore: decentramento, partecipazione e “città dei 15 minuti” (uno dei progetti cardine del programma di Gualtieri). L’importanza che giudichiamo secondaria è data dall’evidenza dei fatti: in molti municipi, tra cui anche il VI (l’unico andato a Fratelli d’Italia e alla coalizione di centrodestra) le ultime assemblee dei cinquestelle avevano portato come ordine del giorno la questione del decentramento amministrativo. La stessa, annosa, questione posta quando nacquero le circoscrizioni prima e i municipi poi. Circa trent’anni di dibattito ingessato a cui - pare - non ci sia soluzione. Dubitiamo fortemente che si arrivi a trovarla in una tale giunta. 

Insomma, per evitare di continuare con l’enumerazione di figure già note all’apparato politico romano e laziale (gli assessori Patané e Veloccia, ad esempio), ci limiteremo a dire che: là dove si era cercata una netta discontinuità, sostenendo la vittoria del meno peggio contro Michetti, quel che aspetta la città di Roma sarà una fase di regressione degli spazi di democrazia, tagli ai servizi essenziali (fatti passare come “razionalizzazioni” o “ottimizzazioni” di servizi), peggioramento delle condizioni dei quartieri periferici e via dicendo. Potreste dirci: “Siete delle Cassandra, aspettiamo che facciano almeno qualcosa!”. Forse sì, ma c’è da dire che Cassandra, col senno di poi, aveva ragione. E di avere ragione dopo ci siamo stancati: vorremmo dimostrarlo prima che i fatti accadano, come stiamo facendo ora con voi che leggerete queste righe. 

La nostra proposta politica è quella che si fonda sul governo di chi produce: il governo dei lavoratori, conseguente alla cacciata delle classi dirigenti del Paese e della città di Roma in questo caso. In ogni lotta parziale, nazionale o locale, il Pcl continuerà a battersi per questa prospettiva di liberazione. Contemporaneamente sarebbe positivo e auspicabile aprire un dibattito e un confronto con ognuna e ognuno di voi al fine di fare luce su quel che sarà la nuova giunta Gualtieri, consapevoli che non presenterà alcun elemento di reale discontinuità col passato, in piena adesione ai principi che guidano i partiti che ora sostengono il governo di Mario Draghi. 

Confidiamo sulla vostra volontà (nonché disponibilità) di dibattito e di confronto.

Partito Comunista dei Lavoratori - Roma

lunedì 18 ottobre 2021

Ballottaggio a Roma: un'altra prospettiva

Il ballottaggio, per la natura stessa dell'impostazione maggioritaria della legge elettorale, impone una scelta fra due candidati maggiormente votati che non sono riusciti ad essere eletti al primo turno: l'applicazione più che pratica del detto comune che recita "delle due, l'una”, inducendo l’individuo a scegliere tra una proposta o l’altra. Non ci sono scelte “altre”: o l'uno, o l'altro candidato. 

Le sollecitazioni a votare la coalizione a sostegno di Roberto Gualtieri contro la candidatura unitaria di centrodestra (a sostegno di Enrico Michetti) necessitano di un chiarimento e una posizione del Pcl anche, e soprattutto, in forza delle "ragioni" con cui settori della società civile, dell'associazionismo di sinistra e/o del sindacalismo - ovunque collocati - si spingono, ancora una volta, nel discorso di accettazione subalterna del meno peggio.


Lo spettro del meno peggio

Le due opzioni rappresentate da Michetti e Gualtieri rappresentano, con buona pace di chi sostiene il contrario, due facce di un’identica medaglia. Intendiamoci: la differenza che sta in superficie, assurta a paradigmatica e generale, da parte di coloro che sostengono Gualtieri in quanto sia meno peggio del candidato di centrodestra, è palese: non stiamo sostenendo che da un punto di vista morale, umano o di physique du rôle della carica che entrambi aspirano ad ottenere siano effettivamente sovrapponibili. Chi sostiene che Michetti sia “il peggio del peggio” ha ragione. Ma è la risposta ad essere sbagliata, Corrado Guzzanti docet.

La critica che rivolgiamo è tutta interna alle posizioni politiche che entrambi posseggono per cui, stavolta sì, c’è una sovrapponibilità e giustapposizione di tematiche che vedono l’originale reazionario (Michetti) impostato in un certo modo e la fotocopia della destra reazionaria (Gualtieri) divergere di qualche millimetro, tuttavia ben inserita all’interno del quadro economico del centrodestra. Né l’uno, né l’altro sono portatori di una diversa visione della città, al netto della propaganda da bar di questi mesi.


Nessuno dei due ha detto una parola riguardo il debito pubblico di Roma Capitale: una tra le principali questioni dell’immobilismo e del fallimento della città (così come pur correttamente citato da Paolo Berdini, ex assessore e candidato sindaco dell’omonima lista al primo turno). 

Perché questa questione è così importante per chi scrive? 

Perché è la madre delle questioni che fanno parlare di “coperta corta” nella gestione economica del governo di Roma Capitale. Già il Commissario Straordinario per il Rientro del Debito del Comune di Roma, Silvia Scozzese, relazionando in commissione bilancio della Camera dei Deputati del 5 aprile 2016, disse testualmente: «Né i piani di rientro del debito di Roma Capitale finora redatti, né il documento di accertamento definitivo del debito sembrano contenere una ricognizione analitica e una rappresentazione esaustiva della situazione finanziaria da risanare antecedente al 2008. Attualmente, per il 43% delle posizioni presenti nel sistema informatico del Comune, non è stato individuato direttamente il soggetto creditore»

Tagliando con la metaforica accétta: il Comune deve ridare dei soldi, ma "non sa" a chi. 

C'è chi ha giocato coi soldi dei romani, c'è chi ha finanziarizzato il debito facendolo pagare a tutta la città. 

C’è chi lo ha fatto utilizzando i voti degli elettori millantando cambiamenti stratosferici andando a favorire il capitalismo finanziario piuttosto che le periferie della città e le opere di cui Roma ha bisogno da almeno un trentennio. 

Centrodestra e centrosinistra, in questo, sono più che complici: sono soci. Lo stesso Gualtieri era ministro dell’economia durante il lockdown: il PNRR e i soldi che arriveranno portano anche la sua firma. I disastri che subiranno gli strati popolari da un simile meccanismo economico-finanziario sono, invece, sempre gli stessi e a pagare saranno i soliti noti. Ma d’altra parte va avanti così da circa trent’anni: il protocollo è chiaro.

Il potere politico di Roma viene spartito di lustro in lustro da candidati di centrodestra e di centrosinistra, ad eccezione dell’amministrazione Raggi la quale, nonostante fosse arrivata al governo della città ponendo come primaria la questione dell’audit sul debito, non ha mosso un dito in tal senso. Anzi, nell’ambito dell’inaugurazione di un comitato elettorale del IV municipio in appoggio di candidati della lista civica che porta il suo nome, la sindaca uscente ha avuto modo di dichiarare: «Roma è passata da un outlook negativo a un outlook stabile. Vuol dire che siamo tornati ad essere affidabili sul mercato, affidabili per gli investitori. Un’inversione pazzesca [di tendenza]».

Il messaggio delle tre coalizioni maggiori (così come della Lista Calenda) è chiaro: a noi interessa fare affari sulla pelle dei cittadini romani, nient’altro.

La realtà cruda è sotto gli occhi di tutti ma viene ammantata dalla differenza tra le polemiche sterili (es. i cinghiali) oppure riguardo i diritti civili, riguardo cui ci sarebbe - secondo i sostenitori di Gualtieri - un abisso tra i due. Ovviamente c’è, ma la questione dell’identità sessuale non può essere posta come unico elemento dissonante fra due candidati che rappresentano gli interessi di pochi contro la maggior parte della popolazione. La riproposizione di politiche nefaste rappresenterà una globale negatività tanto per le persone eterosessuali quanto per le persone Lgbtqi+.


Una necessaria “cassetta degli attrezzi”

“Bisogna essere realisti e pragmatici: votare il meno peggio, non si può sempre dire che il Pd è orribile ovunque, bisogna calibrare il dissenso e appoggiare la coalizione di centrosinistra là dove si può creare alterità in determinati territori”. Questo, più o meno, l’adagio dei sostenitori del voto contro l’altra coalizione. All’interno della coalizione di centrosinistra, in effetti, vi è stata una larga porzione di elementi appartenenti ai centri sociali, all’associazionismo civico di sinistra, che ha accettato la subordinazione politica candidandosi sostenendo l’area del Pd a sostegno di Gualtieri al comune come in ogni municipio. L’esperimento della lista di sinistra è andato piuttosto male, rispetto alle aspettative, e ha scontato un confronto impietoso con i candidati della galassia democratica inseriti nella lista del Pd o nella “civica per Gualtieri”, soprattutto nei municipi. Lo “spostamento a sinistra dell’asse del centrosinistra”, di dilibertiana/vendoliana memoria, non ha avuto alcun tipo di successo o capacità politica, se non mostrare - ancora una volta - come non ci sia la volontà di appoggiare una prospettiva anticapitalista da parte di una certa porzione dell’attivismo sociale della città, in funzione di un’immanenza cogente che, spesso, si intreccia con il personalismo di personaggi politicamente poco raccomandabili in perenne cerca di voti e nuovi bacini elettorali per consolidare la propria posizione che - altrimenti - perderebbero.


Non possiamo scindere, nell'analisi generale, un PD meno peggio dell'altro in ragione della contingenza elettorale o della localizzazione territoriale, come se - ad esempio - quello di Primavalle sia migliore di quello nazionale oppure seguendo l’adagio “in questo caso meglio questo che l'altro”. Dobbiamo essere consapevoli che questa è un'illusione evanescente, un’affermazione che vale solo nel momento della sua enunciazione e che va poco oltre. Sappiamo tutti che le classi dirigenti locali non sono altro che "digerenti" della linea nazionale e sostenitori di politiche sbagliate, esattamente come l'altro schieramento.

Le ragioni del non appoggiare nessuna delle alternative proposte prende le mosse dalla natura stessa delle posizioni assunte dal Pcl nel corso degli anni e di questa (mesta) campagna elettorale nello specifico. 

Il Pcl ha proposto sin dall'inizio un programma di classe ai programmi liberali del Centrosinistra. Entrambi rappresentanti di Confindustria e dei poteri forti. Il centrosinistra ha portato sia un candidato che un programma appiattito sulle politiche liberali, genuflesso ai poteri forti. Il punto non è fare, adesso, il distinguo tra due correnti del pensiero borghese, ma creare una vera alternativa. La verità è che l'unica vera alternativa è la cacciata delle classi dirigenti del Paese, e l'avvento di un governo dei lavoratori. 
In ogni lotta parziale, nazionale o locale, il Pcl continuerà a battersi per questa prospettiva di liberazione.

Ci impegneremo, concretamente, da questo momento in poi, a rilanciare il Pcl nella città di Roma nel segno di una lotta per un governo delle lavoratrici e dei lavoratori, l’unico che realisticamente possa realizzare misure di rottura col sistema dei partiti che ha giocato con le nostre vite, i nostri soldi, il nostro avvenire, scaricando la crisi e il debito della città sulla maggioranza dei romani. Se non ci si batte per un governo delle lavoratrici e dei lavoratori, se si persegue la ricomposizione di un “nuovo” centrosinistra, se ci si muove in ogni caso in una logica solo istituzionale ed elettorale, alla fine si continuerà a muoversi in funzione del contingente, sperando che cambi qualcosa se in quel dato territorio o porzione di municipio l’area verde “x” è stata salvata dalla cementificazione. Insomma, generalizzando il particolare e rendendo avulso ogni guizzo, pur localmente positivo, da una prospettiva globale che ha bisogno di respiro e di un’organizzazione, soprattutto, che ne faccia vivere i contenuti. 

Il Pcl è qui per questo: cassetta degli attrezzi contro la barbarie selvaggia. 


Coordinamento di sezione Pcl Roma

mercoledì 29 settembre 2021

Adesione al Patto per i Piani di Zona

Abbiamo risposto ad un appello lanciato dai comitati di vari piani di zona della Capitale e riuniti nel blog Pianidizona24. 

I comitati firmatari chiedono e sollecitano i candidati alla carica di sindaco ad una presa di posizione a riguardo, questa è la lettera che abbiamo inviato loro. 

 

Gentilissimi, 

 Vi contatto in quanto sollecitato dal vostro appello e dal ruolo che ho in questa fase di campagna elettorale: candidato sindaco di Roma per la lista del Partito comunista dei lavoratori. Abbiamo letto il vostro appello: sono solidale con le vostre rivendicazioni appoggiandole e portandole in Campidoglio, qualora dovessi risultare eletto in Assemblea Capitolina. Sono disponibile fin da subito a mettere a disposizione le forze - pur esigue - del PCL di Roma per poter avviare dibattiti, incontri e confronti sulla questione abitativa.
Nonché alla partecipazione a momenti organizzati da voi. Sottoscrivo il Patto e arrivo ad un punto a me/noi del PCL molto caro: è ora di farla finita di fare soldi sulla questione abitativa, Roma è piena di queste vicende, dalla periferia nord a quella sud-est. Non sto a dilungarmi sulla questione dei PDZ su cui avete già ampiamente argomentato. La rivendicazione è giusta e va unita necessariamente alla denuncia di tutte le amministrazioni di centrodestra, centrosinistra e grilline che non hanno alzato un dito per - quantomeno - problematizzare la vicenda abitativa: non risolverla, ma almeno inquadrarla. A prescindere. Serve un piano per l’edilizia popolare e subito: l’ultimo risale al sindaco Petroselli. Stiamo parlando di più di 30 anni fa. È inconcepibile continuare in questo modo.
C'è necessità di edificare nuove case popolari all fine di un progressivo svuotamento delle infinite liste d'attesa per gli alloggi dal momento che questa situazione crea solo guerra fra poveri e invidia sociale fra subalterni e sottoproletari, pronti a pugnalarsi l'un l'altro per la spartizione delle briciole.

Porteremo in Assemblea Capitolina le vostre rivendicazioni e siamo disposti fin da ora a sederci ad un tavolo insieme a voi per poter strutturare una proposta di legge d'iniziativa popolare per sollecitare alla creazione di un piano di edilizia popolare strutturato e concreto.

Saluti comunisti,
Francesco Grisolia - PCL

giovedì 16 settembre 2021

Grisolia: «Sanità: che sia davvero per tutti e gratuita, finanziata da patrimoniale straordinaria di almeno il 10% sul 10% più ricco»

«C'è da entrare in rotta di collisione con chi sta facendo profitto sulle diseguaglianze che ci sono a Roma: non parlare di questo, significa aggiustare una fontanella in un quartiere, pitturare di giallo una casa popolare a Tor Bella Monaca o a San Basilio, ma la sostanza della povertà e dell’iniquità rimane e permarrà immutata», ha dichiarato Franco Grisolia, candidato sindaco del PCL (Partito Comunista dei lavoratori), a margine dell'iniziativa "Città futura", promossa dalla Cgil di Roma est, Rieti e Valle dell'Aniene.
«È scoppiata una pandemia: nessun governo ha mosso un dito per creare presidi sanitari pubblici che potessero far fronte alla tragica situazione in atto. Si continua a preferire il profitto di pochi rispetto alla salute di molti. Noi proponiamo, ad esempio: il raddoppio del finanziamento pubblico nella sanità che sia per tutti e gratuita, finanziato da una patrimoniale straordinaria di almeno il 10% sul 10% più ricco; la nazionalizzazione della sanità privata e dell’industria farmaceutica».

«Il nostro è un voto propagandistico? Sì, certamente. Ma chi vota per il PCL saprà certamente che ogni suo candidato non svenderà il voto ricevuto dagli elettori e lo userà per l’interesse di tutte e tutti», così in una nota Francesco Grisolia, candidato sindaco di Roma del Partito comunista dei lavoratori.